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MUSICA

Come moltissimi dico anch’io che il rock, in senso lato, mi ha salvato la vita. E in particolare Pete Townshend, The Who, Nina Simone, Leonard Cohen, Lou Reed, Bob Dylan, Sex Pistols, Lucio Dalla, Nusrat Fateh Ali Khan, Portishead e La Nuova Compagnia di Canto Popolare. Come numi tutelari li nomino per il solo piacere di farlo; con alcuni ho avuto degli incontri felici, con altri surreali. I musicisti hanno riempito quegli spazi adolescenziali tradizionalmente occupati da calciatori, sportivi e supereroi.

Appena ho potuto ho iniziato a lavorare a stretto contatto con la musica, prima da giornalista poi come regista, e sedicente cantante con i North Sentinel, quasi tutto mi porta lì o mi fa partire da lì. Ho iniziato a 15 anni a scattare ai concerti svuotando della mollica i panini per nascondervi macchina e obiettivi. Se colto a delinquere sotto il palco avevo dei rullini di pellicola fasulli da consegnare ai risoluti energumeni del servizio d’ordine. Era la mia guerra dei bottoni personale, un rimpiattino tra guardie e ladri; però quella scuola di perseveranza è stata utile in mille circostanze future.

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